Santo Vecio era un barbiere di Villafranca, che scrisse una canzone su un personaggio famoso…Mio Nonno!
Santo Vecio, nome d’arte di Angelo Maraia, nato a Villafranca di Verona il 6 Febbraio 1912 e morto a 76 anni nel 1988, compose oltre 200 canzoni. Di professione faceva il barbiere, e scriveva le sue canzoni nella sua bottega, quando aveva tempo, in Via Pace. La sua bottega da barbiere si trovava dopo l’osteria di tale Nato Farina.
Mio nonno Bruno era amico di Santo Vecio e per questo lui scrisse una canzone su di lui, chiamata “El Bel Degni”, che significa “Degni Il Bello” soprannome con cui mio nonno Bruno era conosciuto in paese.
Ecco un video di un’esibizione casalinga di Claudio Messini, del gruppo teatrale dei Gotturni, presente qui a Villafranca, che talvolta canta le canzoni di Santo Vecio. Una curiosità: il suo “nome d’arte” significa “Vecchio Santo”.
A seguire del video testo e traduzione della canzone:
(VR)
Eccolo in bicicletta (Ma che ostia!) Strada facendo direbbe (Ma che ostia!) |
(IT) Eccolo in bicicletta Da via Pace sull’angolo Degni il Bello che arriva Racconterà barzellette? Degni il Bello sta bene E bisogna consolarlo Svuota qualche quarto (di vino) Dalla grande soddisfazione Da Pasquali, da Farina Dalle Zaghe* sull’angolo Degni il Bello Sta bene E bisogna rallegrare (l’atmosfera) Qualche canto con gli amici E allegro lui sarà(Ma che ostia!)** Strada facendo direbbe (Ma che ostia!)** |
Zaghe*: Della famiglia Zago, possedevano una drogheria, cioè un negozio di spezie, ma avevano anche dei dolcetti, che mia mamma (figlia di Degni) e mia zia Silva (a cui faccio ancora tanti auguri per il suo compleanno, che è oggi, l’8 Dicembre) andavano a comprare. Poiché erano delle donne a gestire il locale venivano chiamate “le Zaghe”.
(Ma che ostia!)**: Scritta in corsivo, perché parte parlata della canzone, è come dire “Ma che cavolo!”, ed era un termine che mio nonno usava spesso. Vediamo il significato di ostia:
nella liturgia cattolica, il sottile disco di farina di frumento, materia del sacramento dell’Eucaristia, che per mezzo delle parole pronunciate dal sacerdote nella Messa (“Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”) si trasforma nel corpo di Cristo, rinnovando il sacrificio della Croce e divenendo nutrimento spirituale per i credenti. È un sostantivo femminile. Il nome deriva dall’ostia, cioè la vittima che, presso i popoli antichi, era offerta in sacrificio alla divinità.
Significato
Il significato della canzone, è un elogio a mio nonno, che andava sempre in giro in bicicletta (e che non ho mai conosciuto, perché morto di infarto quando mia mamma aveva 19 anni). La canzone racconta il tragitto che faceva in bici per andare all’osteria da Farina, di fianco alla bottega del barbiere autore di canzoni.
Qui beveva un po’ per rallegrare l’atmosfera con i suoi amici, poi stava bene, e raccontava le storie di Villafranca, che erano descritte talmente bene da sembrare vere, non quelle dell’orsa (cioè inventate) e che probabilmente erano anche vere, ma lui aggiungeva qualcosa per renderle più eclatanti.
Quindi cantava con i suoi amici. (Mio nonno faceva anche parte del coro dell’Arena di Verona, dove si esibivano dei cantanti lirici, tenori e soprano, quindi come corista aveva una bella voce. Si recava dal mio paese fino a Verona in bicicletta).