Ecco l’attesa recensione critica dell’album “Manifesto” di Loredana Bertè, finalmente è qui!
E presto ce ne saranno altre. Ma prima di parlare di “Manifesto” bisogna necessariamente SPIEGARE che album è.
L’album che amo meno tra quelli di Loredana Bertè, per le musicalità, ma con testi che vanno decifrati e capiti col puzzle della sua vita. Ora non elencherò in ogni traccia tutta la sua vita, ma vi spiego brevemente i punti più importanti:
1) Lei è stata la donna simbolo del movimento pop-art in USA. Andy Warhol la chiamava “Pasta Queen”, ha conosciuto Lou Reed, David Bowie e altri personaggi. Ha ispirato molto Warhol, e tre pagine sono dedicate a lei nel catalogo della mostra internazionale di Andy Warhol. La Bertè è stata molto influenzata da Andy, che ha girato anche un video per il singolo “Movie”
2) Da giovane è stata stuprata. Questo accadde quando aveva 15 anni, nel 1965. Alcune interviste riportano 1975 ma è errato, poiché è nata nel 1950, quindi aveva 15 anni nel 1965. È anche stata sposata, Björn Borg un grande campione sportivo è stato suo marito, ma veniva maltrattata dalla suocera, e suo marito non la difendeva. Loredana non è per relazioni stabili, per questo canta più volte nel disco di essersene andata, può apparire facile in alcuni pezzi, testi, ma in realtà parla del suo dolore, e di come se ne è sbarazzata.
3) Ha sofferto di gravi problemi mentali, è stata ricoverata, e viaggiava con la mente, tenuta in camicia di forza. Certe canzoni nel disco ne parlano molto, a partire proprio dalla prima traccia. Ha avuto anche problemi con i genitori e le sorelle ancora in vita, per questo in “Figlia Di…” si autocelebra come madre e padre di sé stessa.
4) Il disco vuole essere un “Manifesto” per le donne, e probabilmente anche per le persone queer (basti pensare che è stato pubblicizzato da Vladimir Luxuria). Si può essere d’accordo con ciò che afferma, come no, come essere indifferenti, ma il disco è un’autocelebrazione a Loredana (lo vediamo nel video di “Figlia Di…”) che vuole anche essere voce di tutti quelli che sono come lei.
Detto questo, vediamo le tracce di “Manifesto”:
1) Bollywood: La canzone è alquanto bizzarra e folle, ma parla di visioni che Loredana faceva in manicomio. Lei sognava una vita cantata e ballata, e l’ha avuta. “Bollywood” vuole mandare anche messaggi politici, come la legalizzazione della cannabis, le limitazioni imposte dalla pandemia ecc. Il ritmo è senza dubbio orientale, con riferimenti al rap-trap. La musica è festiva e accogliente, ti prende, è breve ma spiega tutto molto bene, anche grazie al video. La canzone è l’inno dell’album, il primo grande momento, e a mio parere non è la migliore canzone del disco, me nemmeno la peggiore, e ce la vedo bene come singolo. Folle, stravagante e senza peli sulla lingua “E tutta questa gente non si deve inca**are più” canta Loredana. La traccia adatta ad aprire un manifesto dedicato a sé stessi.
2) Lacrime in limousine (feat.Fedez): Una canzone che a primo impatto non mi è piaciuta, ma che in realtà è ironica da un certo punto di vista, e molto seria da altri. Se Fedez è abbastanza ironico. la Bertè è molto seria, parla di idoli come Amy, e si riferisce alla Winehouse, e idolatra le donne che hanno avuto una vita difficile come la sua, appunto come Amy Winehouse, anche se non mi piace il fatto che accosti Marilyn Monroe alla perfezione, dato che anche se è stata simbolo dell’America bene, ha avuto anche lei una vita tormentata. Un pezzo che definisco “tragicomico” ma che non è adatto a me, non è un pezzo di cui posso dire “sì mi piace” ma nemmeno “no, non mi piace”. Resto indifferente.
3) Ho smesso di tacere: La canzone che preferisco del disco, dove Loredana parla del suo stupro, e di come le persone ne parlino, come se la colpa dello stupro da lei subito fosse sua, ma quando lei ne ha parlato si è liberata.
Purtroppo ci sono molte persone che non comprendono la violenza di uno stupro. La canzone, molto rock, scritta da Ligabue, è la vera perla del disco, il momento più importante, ma io l’avrei inserita più avanti, anche se dà grinta e un buon inizio all’album. La canzone più potente, carismatica, importante e bella del disco. È anche il pezzo però più lungo e più duro.
4) Florida (feat. Nitro): Questa canzone a me non piace, mio padre dice che può essere interpretato in molti modi, ma le background vocali, i versi di Nitro non mi piacciono per niente. Non so dire di più, perché non l’ho mai ascoltato, quindi non posso paragonare i suoi pezzi ad altri, ma con la Bertè anche se forma una coppia perfetta, è una coppia sì perfetta ma scadente a mio parere a livello musicale. È un pezzo sessuale, trasgressivo, non è il primo che fa la Bertè, ma è sicuramente il più brutto. Già in “Ricominciare” parlava di una “pu**ana” più precisamente di come avrebbe ricominciato la vita nonostante gli altri la giudicassero così, e certo nel 1977 era un testo mostruoso, ma a me piace. “Florida” no, mi trasmette una sensazione di ansia a livello musicale, e non mi piace affatto.
5) Dark Lady: Una canzone che non mi piaceva al primo ascolto, ora mi piace, anche se è molto dark. C’è da dire che Loredana poteva vantarsi di meno in questo testo, ma poi ho capito che non si vanta, parla di come la vedono gli altri. Un testo molto esplicito, dove dice “Ho invidiato solo Yoko Ono”. Loredana voleva essere l’unica star del movimento della Pop-Art, per questo invidiava Yoko Ono. Di certo è un pezzo misto a rap e rock e il testo si adatta alla musica, non è il mio tipo di musica, ma se prima davo un giudizio molto negativo al pezzo, interpretando meglio le parole e le frasi, ora do un giudizio positivo al testo. Nel complesso il testo è buono, la musica chiaramente si deve adattare al testo, però la composizione non mi piace.
6) Figlia di…: Madre di sé stessa, Loredana parla di tutta la sua carriera e si autocelebra, è il pezzo culminante nel disco, un pezzo hippy e latino al contempo, non a caso estratto come lead-single. Una canzone con tante musicalità, pop-rock dove prevale il reggae, che celebra tutta la carriera e la vita della cantante, parlando delle sue esperienze, e anche questo riesce a spiegarsi anche grazie al video. Un pezzo folle e normale al tempo stesso, che può apparire folle per chi è normale, ma le persone sane di mente a me non piacciono. Sono quelle più infelici. Lasciamoci andare alla follia di questo pezzo reggae potente e seducente, dove non a caso Loredana canta “chi mi odia mi ama!” Uno dei brani più belli dell’album, anche se non supera la terza traccia.
7) Chi non muore si rivede: Una poesia, un pezzo molto bello, che sembra parlare di un’adolescente, di una cantante giovane ma matura. È il pezzo più introverso del disco, un rock molto buono, che collega la giovane Loredana a quella di adesso. Lei parla della sua vita in modo molto triste, ed è probabilmente anche dedicato alla sorella e amica Mia Martini. Un pezzo dove Loredana si mostra così come è, fragile, malinconica, eccentrica, ma vera.
Complimenti a Loredana!!!
8) Donne di ferro (feat. J-Ax): Un pezzo molto ironico e folle, che mi piace, con un testo che va capito guardando ai 4 punti di cui parlavo sopra. Il pezzo di J-Ax è fantastico, e la canzone mi piace molto. Loredana ha ragione quando dice “sono una st*onza” ma io la amo proprio per questo! La canzone più libertina, gioviale e divertente del disco.
9) Quelle come me: Un brano pop-rock, dove Loredana si autocelebra nuovamente. Ma non celebra la sua carriera, o la sua follia, o il suo status di sopravvissuta, ma il suo essere donna così come è. Una canzone che mi piace, con delle pause strumentali fantastiche, e una batteria fantastica! Questa canzone è forte, concentrata e potente, con un ponte fuori dagli schemi, che mi piace molto. Di certo non supera la terza traccia, che è quella che preferisco dall’album.
10) Persa nel supermercato: Qui Loredana non si fa remore, “Ora sono libera/ Come sangue da una stella quando lacrima”. Un’immagine molto forte, un pezzo che conclude l’album, dove Loredana parla dell’inizio della sua carriera, di come è continuata, e di come è arrivata qua, attraverso metafore. Ci sono anche parti in Inglese, e un pezzo forte del testo è quando dice “Vorrei i miei sbagli patrimonio dell’Unesco”. Fantastica, unica, grande Loredana Bertè.